Introduzione

Le prime pagine italiane si muovono tra diplomazia di guerra, scosse in Medio Oriente e un’Italia domestica divisa tra giustizia, conti pubblici e cultura pop. Sull’asse Miami-Mosca il dossier Ucraina domina su Corriere della Sera, la Repubblica e Domani, con l’eco di Il Messaggero e Il Secolo XIX: colloqui in Florida, pressioni per una tregua e il caso corruzione che indebolisce Kiev sul piano politico. In parallelo, il Medio Oriente rientra con forza: La Stampa apre sull’aggressione in Cisgiordania a tre attivisti italiani e sul caso Netanyahu, mentre la Repubblica e Il Fatto Quotidiano mettono in fila la richiesta di grazia del premier israeliano e le violenze dei coloni.

Sul fronte interno, la mappa oscilla tra inchieste finanziarie e riforme della giustizia: la Repubblica e Il Giornale tornano sul nodo Mediobanca-Mps con letture opposte, mentre Domani allarga l’angolo alle responsabilità politiche e La Verità incardina la giornata nella chiave delle toghe “che esondano”. L’altra metà del Paese discute di costume e spettacolo: il cast di Sanremo prende spazio su Corriere della Sera, Il Messaggero, Il Mattino e Leggo, in controluce con i casi di cronaca giovanile a Milano e Roma segnalati da la Repubblica, La Stampa e Il Messaggero. Ne esce un umore nazionale contrastato: trattative lunghe, tensioni sulla libertà di stampa e un bisogno di normalità affidato alla liturgia dell’Ariston.

Ucraina, tra Miami e Mosca: la diplomazia a ostacoli

Il racconto più strutturato è quello del Corriere della Sera: “Ucraina-Usa, vertice a ostacoli” e l’editoriale “Uno scudo per Kiev” inquadrano la giornata tra l’urgenza di un sostegno militare e la resilienza del sistema anticorruzione ucraino. La Repubblica sintetizza la postura americana in un titolo netto (“Corruzione a Kiev non aiuta”), mentre Domani lega i colloqui in Florida alla “tangentopoli di Mosca”, ricordando che arresti e scandali servono anche alla narrazione del Cremlino. Il Messaggero sceglie la pragmatica del processo: incontri “produttivi”, ma “c’è ancora da fare”, e un’agenda che porta a un faccia a faccia tra Putin e l’emissario Witkoff entro pochi giorni.

Le differenze stanno nel peso dei fattori politici. Il Corriere della Sera valorizza Crosetto e la linea italiana sulla sicurezza futura (“garantire che l’esercito russo non li attacchi mai più”), insistendo su un sostegno a prescindere dai contraccolpi interni a Kiev. La Repubblica, più cauta, enfatizza gli ostacoli dati dall’immagine di Kiev e dal ruolo “centrale” attribuito a Mosca nel disegno negoziale. Domani, nel suo taglio analitico, smonta la simmetria delle responsabilità (“la pagliuzza di Kiev e le travi del Cremlino”), mentre Il Messaggero mantiene un registro di servizio, attento alla sequenza negoziale e al lessico della “sovranità”. Ne esce un quadrante in cui i quotidiani generalisti concordano sul metodo (trattare) ma divergono sul messaggio politico da veicolare alle rispettive platee.

Medio Oriente, libertà di stampa e sicurezza: il caso La Stampa e il nodo Netanyahu

La Stampa mette al centro l’aggressione ai tre italiani in Cisgiordania, con un racconto in prima persona e il richiamo al clima di minaccia. In parallelo segue il dossier Netanyahu: la richiesta di grazia al presidente Herzog e, sullo sfondo, l’editoriale di John Elkann che rivendica “La Stampa un giornale libero” di fronte all’assalto alla redazione. La Repubblica ricompone il quadro con l’accoppiata “Netanyahu chiede la grazia” e “Attivisti italiani aggrediti”, mentre Il Fatto Quotidiano usa un registro più polemico sul premier israeliano e chiude il cerchio sugli episodi di violenza dei coloni. Il Giornale, dal canto suo, politizza il gesto contro la testata torinese definendolo un “atto terrorista” e attacca la relatrice Onu Francesca Albanese.

Le letture editoriali si capiscono nella coerenza di testata: La Stampa difende la propria identità civica e locale, intrecciandola con il fronte internazionale; la Repubblica punta alla cornice politica e giudiziaria israeliana; Il Fatto Quotidiano accentua la critica a Netanyahu e ai coloni; Il Giornale si concentra sulla denuncia di ogni ambiguità verso la violenza. In sottofondo, La Discussione registra le reazioni di governo alle parole di Albanese, restituendo la trasversalità del caso. Il tema del Papa - per La Discussione e Il Giornale l’unica via resta quella dei “due Stati” - è l’elemento che riporta la bussola sulla diplomazia, ma senza cancellare le fratture interne a ciascuna narrazione. In una battuta, per i quotidiani il punto fermo è la condanna; ciò che cambia è l’accento.

Giustizia, finanza e politica: intrecci e identità

La pagina economico-giudiziaria si biforca. La Repubblica spiega “le 5 mosse del patto occulto” su Mediobanca-Mps, mentre Il Giornale ribalta la prospettiva ricordando che “il Tesoro ha salvato Mps” e pone dubbi sull’intervento delle toghe. Domani sposta l’attenzione su “perché la vera accusa è al governo”, collegando i profili societari alle ricadute politiche. Sul versante culturale-giudiziario, La Verità tesse un filo unico - dagli editoriali sul “muro” delle toghe alla lunga intervista alla pm Gallucci - per sostenere la necessità di una riforma profonda dell’ordine giudiziario.

Anche qui, più che i fatti, contano le chiavi di lettura. La Repubblica e Domani lavorano sul lessico del “patto occulto”, simbolo delle opacità tra finanza e politica; Il Giornale replica con una cornice pro-istituzionale che valorizza la continuità degli interventi pubblici e la legittimità delle scelte del Tesoro. La Verità, da quotidiano d’opinione, usa i casi per teorizzare uno squilibrio di potere della magistratura. Sullo sfondo, Il Messaggero segnala l’avvio del processo tributario online, scelta che riflette un’Italia che prova a modernizzare il contenzioso fiscale mentre discute - e litiga - sulla giustizia. È la stessa asimmetria che attraversa gli editoriali - tra chi vede “toghe che esondano” e chi teme il contrario.

Sanremo, cronache e società: il Paese tra leggerezza e inquietudini

A spezzare la tensione, l’Ariston. Corriere della Sera spiega che quest’anno saranno “meno big e più sorprese”, Il Messaggero parla di “veterani” (da Patty Pravo a Raf) ma lascia spazio ai volti nuovi, e Il Mattino rivendica la forte quota campana nella lista di Carlo Conti. Leggo, coerente con il proprio taglio pop, rilancia i nomi e il “Festival delle reazioni” social, fotografando la macchina dell’attesa. Sotto la superficie, i quotidiani trattano Sanremo come rito collettivo: un termometro che unisce palinsesti, generazioni e identità locali in un Paese che vuole distrarsi senza smettere di discutere.

Accanto alla leggerezza, però, risale la cronaca. La Stampa dà voce alle ragazze coinvolte nella “lista degli stupri” del liceo Giulio Cesare; Il Messaggero riferisce dei primi sospetti su un quattordicenne “istigato dai grandi”; la Repubblica racconta la denuncia di violenza a Milano nel cuore della movida. È un trittico che mette al centro scuola, città e socialità: tre luoghi dove si misura l’ansia di una generazione e la capacità degli adulti di fare filtro. In questo pendolo tra “meno big e più sorprese” e allarmi sociali si capisce il senso delle prime pagine: la cultura pop è un balsamo, ma non basta.

Conclusione

Le prime pagine di oggi mostrano un’Italia a più velocità: trattativa come metodo, polemica come linguaggio. Corriere della Sera, la Repubblica, Domani e Il Messaggero spingono su un realismo negoziale (Ucraina e Medio Oriente), La Stampa interpreta la libertà di stampa come bene comune sotto attacco, Il Giornale e La Verità incardinano la giornata su responsabilità, ordine e riforme. A tenere insieme i piani - e a rivelare il clima - è il bisogno di cornici: “due Stati” per il conflitto israelo-palestinese, garanzie per l’Ucraina, regole per la giustizia, riti per la cultura pop. La sensazione è che, mentre si trattano i conflitti, si cerchi di trattare anche l’inquietudine del Paese: con la forza delle istituzioni per alcuni, con l’urgenza della critica per altri, e con Sanremo come luogo di tregua temporanea per tutti.