Introduzione
Le prime pagine italiane oggi convergono su quattro assi tematici: lo stop al Ddl sul consenso sessuale, la trattativa faticosa sulla manovra, il vortice internazionale tra il caso Witkoff e la sparatoria a Washington, e l’Europa che allenta i limiti sulle cosiddette “armi controverse” mentre Gaza sprofonda nell’invisibilità. Su politica e giustizia, La Stampa apre sullo “sgambetto” di Matteo Salvini al testo approvato alla Camera, il Corriere della Sera prova a tenere insieme la promessa di “faremo la legge” con i veti leghisti, e Il Dubbio parla esplicitamente di maggioranza “in tilt”. Sullo stesso tema, La Verità e Il Giornale insistono sulle ambiguità normative e sull’onere della prova.
Sui conti pubblici, Il Secolo XIX e Il Messaggero raccontano l’intesa su affitti brevi e il possibile aumento dell’Irap per banche e assicurazioni, mentre Avvenire e la Repubblica segnalano il “caso” dell’oro di Bankitalia; La Discussione conta 105 emendamenti fuori. Il Foglio ne evidenzia i rischi istituzionali. Nelle pagine esteri, il Corriere e La Stampa rilanciano la bufera su Steve Witkoff e i colpi d’arma da fuoco vicino alla Casa Bianca; Domani e Il Riformista leggono il negoziato ucraino in chiave di interferenze e dilettantismi. Infine, l’Unità, La Notizia e Il Fatto Quotidiano attaccano il voto europeo che riapre la porta a armi “nucleari” e “al fosforo”, mentre Il Manifesto rimette Gaza al centro.
Ddl consenso: fratture nella maggioranza e identità editoriali
La Stampa titola sullo “sgambetto” del leader leghista, rimarcando la discontinuità interna al governo rispetto a una legge che alla Camera aveva incassato il via libera unanime. Il Corriere della Sera adotta una cornice istituzionale (“Consenso, faremo la legge”), ma registra il “no” di Salvini e il rinvio tecnico evocato da Nordio; Il Dubbio parla di patto Meloni-Schlein saltato e “maggioranza in tilt”. Dall’altro lato, Il Giornale mette a fuoco il “scontro sull’onere della prova”, mentre La Verità liquida il testo come “sbagliato” e pericoloso sul piano delle garanzie, facendo leva su casi di cronaca. Anche L’Identità, in editoriale, sostiene che “solo sì significa sì” non giustifica “una legge scritta male”.
Le differenze di tono ricalcano le platee: La Stampa e il Corriere lavorano sull’equilibrio tra tutela delle vittime e tenuta giuridica, minimizzando slogan; Il Dubbio insiste sul garantismo di metodo; Il Giornale e La Verità leggono il rischio di “inversione dell’onere della prova” come danno sistemico. L’Identità si posiziona in chiave prudenziale, segnalando l’uso improprio del principio del “consenso libero e attuale”. In controluce si intravede anche la contesa politica: per alcuni quotidiani il rinvio è un inciampo della maggioranza, per altri un “freno di sicurezza”. Unico frammento citato, volutamente breve, che percorre le prime: “rischio di vendette”.
Manovra: l’intesa c’è, ma i conti non tornano
Il Secolo XIX sintetizza la quadra raggiunta: cedolare al 21% sugli affitti brevi fino a due case, Isee sulla prima casa, e taglio degli emendamenti in Parlamento; resta la caccia a circa un miliardo, con l’ipotesi di rialzo dell’Irap per le banche. Il Messaggero porta un accento romano: una norma bipartisan per garantire risorse alla Capitale, mentre per banche e assicurazioni l’aliquota potrebbe salire fino al 2,5%. Avvenire conferma l’intesa sugli affitti ma nota che sulle banche “si litiga ancora” e che l’emendamento sull’oro di Bankitalia è diventato un caso; la Repubblica unisce i puntini su Isee, Irap e la polemica sull’oro. La Discussione mette in fila i numeri: 105 emendamenti fuori, con un tema coperture che rimane dirimente.
Sul fronte istituzionale, Il Foglio evidenzia che l’emendamento sull’oro di via Nazionale apre “un bel guaio con Bce, Quirinale e Commissione”, mettendo in guardia dagli effetti di scelte simboliche su equilibri delicati. Nel complesso, i quotidiani più generalisti (Il Secolo XIX, Il Messaggero, Avvenire) usano un registro pragmatico, centrato su aliquote e impatti; la Repubblica e La Discussione illuminano il cantiere parlamentare e i veti incrociati; Il Foglio alza lo sguardo sull’architettura europea. Ne esce l’immagine di una manovra “a trazione compromesso”, in cui ogni passo avanti apre un nuovo fronte di coperture.
Ucraina, Witkoff e l’America ferita: diplomazia o cortocircuito?
Il Corriere della Sera parla di “bufera” su Witkoff: nelle trascrizioni si legge il suggerimento di far chiamare Putin a Trump prima dell’incontro con Zelensky, mentre si registrano gli spari vicino alla Casa Bianca con due militari colpiti. La Stampa inquadra i “pericolosi flirt” tra Trump e lo “Zar” e dedica ampio spazio alla sparatoria a un isolato dalla Casa Bianca, con arresto del killer e condanne durissime del presidente. Domani definisce Witkoff “suggeritore” e raccoglie la “furia di Putin” per il leak, leggendovi un negoziato sabotato anche da dilettantismi. Il Riformista ricostruisce la “linea calda” e, in un editoriale, ripercorre l’“immortalità” del Kgb nella Russia di Putin; La Discussione raffredda l’ottimismo trumpiano (“Mosca nega concessioni”).
La pluralità di letture è netta: i quotidiani nazionali mainstream enfatizzano l’imbarazzo americano e il caos informativo; Domani e Il Riformista legano i fili tra deep state, apparati e politica elettorale. Nel campo conservatore, Il Giornale firma un editoriale controtendenza (“La pace non piace se è di Donald”), rivendicando il pragmatismo del tycoon. Sull’episodio di Washington, l’informazione è ancora in evoluzione: alcune testate parlano di feriti gravi, il Secolo d’Italia titola su militari uccisi. Il dato mediatico, qui, è la polarizzazione: ciò che per alcuni è un “cortocircuito” diplomatico, per altri è uno spiraglio di trattativa; breve citazione-eco: “Putin chiami Trump…”.
Europa tra armi “controverse” e Gaza nel fango
L’Unità apre durissimo: “I popolari votano coi fascisti”, denunciando che il voto a Strasburgo non escluda dal piano europeo di riarmo armi come “nucleari, uranio impoverito, laser accecanti, fosforo bianco” e “robot killer”. La Notizia parla di “eurofollia” e di corsa al riarmo; Il Fatto Quotidiano collega il via libera europeo a “atomiche e fosforo bianco” al quadro ucraino, con l’Europa che “rientra” dall’idea di esproprio dei beni russi. Il Manifesto sceglie una fotografia politica fortissima su Gaza: “Occhio non vede”, raccontando tendopoli spazzate via da pioggia e fango, camion umanitari bloccati e un cessate il fuoco “solo sulla carta”.
Il taglio è marcatamente critico su più testate di area progressista o movimentista, che evocano una “deriva etica” dell’Europa e il rischio di un’economia di guerra (eco ripresa anche da La Notizia). Il quadro è più sfumato su altre testate, dove il tema sparisce o viene assorbito dentro la cronaca del negoziato ucraino. Il risultato è una divaricazione tra giornali che presidiano l’agenda morale e umanitaria (Il Manifesto, l’Unità, Il Fatto) e testate che privilegiano gli aspetti geopolitici e finanziari. Unica eco testuale concessa: “armi proibite”.
Conclusione
In controluce, le prime pagine raccontano un’Italia sospesa tra prudenza e polarizzazione: sul Ddl consenso, la faglia corre tra garantismo e tutela, nella manovra tra pragmatismo e simboli, sugli esteri tra diplomazia e propaganda. I giornali riflettono platee e identità: i generalisti cercano equilibrio, i quotidiani d’opinione accentuano i rischi di semplificazione o di deriva. L’impressione è che, tra conti da chiudere e guerra che non si chiude, la politica cerchi cornici rassicuranti. Ma la stampa, oggi, ci consegna soprattutto domande aperte: sui diritti, sulle regole europee, sulla credibilità delle trattative. È il segno di un Paese in cui la complessità non è un difetto: è la realtà da cui ripartire.