Introduzione

Le prime pagine di oggi convergono su quattro assi narrativi. Sul fronte internazionale, il negoziato per l’Ucraina domina: tra aperture annunciate da Washington e Kiev e freddezza del Cremlino, la mappa dei giornali oscilla tra ottimismo prudente e scetticismo. In parallelo, la politica interna metabolizza le Regionali con un sottofondo comune: l’astensione crescente e la riapertura del cantiere sulla legge elettorale. Al tema della violenza contro le donne, la stampa dedica spazio con un doppio registro: via libera al reato di femminicidio, ma impasse sul ddl “consenso”. Infine, diritti e costume: la sentenza Ue sui matrimoni egualitari, il caso dei “bimbi del bosco” e la vicenda Ferragni misurano la temperatura culturale del Paese.

A tratteggiare questi filoni sono, per la guerra, testate come Il Secolo XIX, il Corriere della Sera, Domani e Avvenire; per la politica, il Corriere, Il Riformista, il Secolo d’Italia e Il Foglio; sul fronte dei diritti, La Repubblica, Il Messaggero, Avvenire e Il Dubbio; mentre Leggo, La Notizia, Il Gazzettino e Il Giornale mettono a fuoco rispettivamente la pronuncia Ue sui matrimoni, i contrasti europei, i riflessi locali e le reazioni politiche. Il tono d’insieme restituisce un’Italia in bilico: desiderosa di soluzioni rapide sullo scacchiere internazionale, ma impantanata nelle ambiguità e nei veti domestici.

Ucraina, tra “intesa vicina” e gelo russo

Il Secolo XIX apre con l’ottimismo della Casa Bianca: «Siamo molto vicini a un accordo», con l’idea di inviare emissari a Mosca e di accelerare i contatti con Kiev; ma sottolinea anche il silenzio del Cremlino e le bombe che non si fermano. Il Corriere della Sera parla di nuovi raid su Kiev e segnala che Kiev dice «avanti sui 19 punti», con il ministro Lavrov che frena; quadro che Domani incornicia così: Trump annuncia un accordo vicino, Zelensky apre, Mosca è pronta al “niet”. Avvenire, da Kiev, aggiunge la cornice morale: mentre «mezz’ora di ordigni» colpisce la capitale, si parla di bozza condivisa tra Washington, Ue e Ucraina, ma «ora è Mosca a frenare».

Le differenze riflettono identità editoriali. Il Secolo XIX, quotidiano regionale ma attento alla diplomazia, privilegia il backstage transatlantico; il Corriere della Sera, più istituzionale, calibra l’ottimismo con il dato militare. Domani enfatizza il profilo politico del tycoon e il gelo di Putin, mentre Avvenire incastona il negoziato in una lettura etica, ricordando le vittime e invocando responsabilità europea. Colpisce ciò che manca: pochi dettagli sostanziali sulla nuova bozza (19 contro i 28 punti originari). Nel complesso, il refrain è uno: «intesa vicina», ma «Mosca frena».

Regionali, astensione e legge elettorale

Sul day-after, il Corriere della Sera titola «Scintille tra i partiti» e ospita l’editoriale di Sabino Cassese sul «rifiuto delle urne»: l’astensione, da episodio marginale, è divenuta strutturale. Il Riformista, con il “derby delle minoranze”, bolla l’euforia di partito come autocelebrazione in una «sala vuota», e rilancia correttivi come il voto elettronico. Il Secolo d’Italia, di area centrodestra, ribalta la lente: niente “spallata” al governo, la mappa regionale resta favorevole al blocco di governo, e le vittorie di Campania e Puglia sono “telefonate”. Il Foglio sposta il fuoco sui meccanismi di potere: «i cacicchi salvano il Pd», mentre il leaderismo “giovane” fatica.

Il quadro svela più della somma dei risultati. Il Corriere marca l’emergenza democratico-partecipativa; Il Riformista la traduce in crisi di rappresentanza (“funzionano i brand, non le proposte”), mentre il Secolo d’Italia mette in guardia la sinistra dal trasformare conferme in trionfi. Il Foglio, infine, fotografa la dipendenza del centrosinistra da notabili locali. Sullo sfondo, la legge elettorale: il Corriere registra aperture al proporzionale; Domani evoca un “Meloncellum”; e lo stesso Foglio rilancia l’invito a una riforma condivisa. Una frase-chiave ricorre, in negativo: «senza voto d’opinione», il sistema resta in stallo.

Violenza di genere: tra femminicidio e “consenso” fermo

La Repubblica titola duro: «Legge contro lo stupro, dietrofront della destra», segnalando che mentre la Camera approva all’unanimità il reato di femminicidio, al Senato si ferma il ddl sul “consenso libero e attuale”. Il Messaggero conferma lo scarto temporale: ok alla legge sui femminicidi nella «Giornata contro la violenza», ma in Commissione Giustizia la maggioranza chiede approfondimenti, facendo saltare il patto Meloni-Schlein. Avvenire sintetizza la bussola valoriale («L’amore che vale») e ricorda il monito del Quirinale sull’educazione al rispetto. Il Dubbio ospita il confronto giuridico: c’è chi dice «se non ora quando?» e chi avverte il rischio di inversione dell’onere della prova.

Le impostazioni divergono per pubblico e missione. La Repubblica assume una postura politico-parlamentare e chiama la destra alle responsabilità; Il Messaggero, pragmatico, registra il doppio binario legislativo; Avvenire, il quotidiano cattolico, insiste sul paradigma educativo; Il Dubbio, vicino ai mondi del diritto, mette a nudo i dilemmi garantisti. In filigrana, la stampa racconta un Paese che vuole risposte («ergastolo per i femminicidi», ricorda Leggo), ma inciampa nella definizione giuridica del consenso. Una breve citazione riassume il corto circuito: «patti violati», accusa La Repubblica.

Diritti, costume e casi divisivi

Leggo apre sulla sentenza della Corte di giustizia Ue: tutti gli Stati devono trascrivere i matrimoni egualitari contratti in un altro Paese membro. La Notizia parla di «sentenza storica» e sottolinea l’obbligo per i governi; Il Gazzettino ribadisce il principio di libera circolazione; Il Giornale, invece, la definisce «diktat di Bruxelles», intercettando le critiche del fronte conservatore. In parallelo, si allarga il “caso” dei bambini sottratti alla famiglia che viveva nel bosco: il Corriere (con il Caffè di Gramellini) ne fa una parabola sui limiti del mito famiglia-natura; Avvenire ospita un editoriale giuridico («Ai confini del bosco»); La Verità dà voce alla ministra Roccella, scettica sugli allontanamenti in assenza di «veri pericoli»; Il Giornale, con Feltri, difende l’autodeterminazione familiare.

La stampa, qui, diventa sismografo culturale. Sul matrimonio egualitario, Leggo, La Notizia e Il Gazzettino leggono l’Europa come garante di diritti; Il Giornale come potere intrusivo. Sul caso di Chieti, il Corriere problematizza l’anti-statalismo “romantico”, Avvenire bilancia libertà e interesse del minore, La Verità e Il Giornale denunciano l’eccesso di intervento pubblico. Sullo sfondo, il “Pandoro gate”: il Corriere, Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano riportano la richiesta dei pm di 20 mesi per Chiara Ferragni; La Ragione ricorda la presunzione d’innocenza e invita a leggere il fenomeno oltre il processo. Qui l’asse non è destra-sinistra, ma tra moralismo, garantismo e cultura pop.

Conclusione

Il mosaico dei giornali restituisce un’Italia che chiede pragmatismo. All’estero, «accordo vicino» ma non ancora credibile finché i missili cadono; in casa, la politica misura i propri limiti nelle urne vuote e in riforme che si inceppano sul crinale tra principi e tecnica. Tra femminicidi, consenso e diritti civili, la stampa - da La Repubblica al Corriere, da Il Messaggero ad Avvenire - mostra un Paese che sa indignarsi ma fatica a tradurre l’indignazione in norme operative condivise. Il sentimento generale? Una paziente impazienza: aspettare la pace, cercando di non perdere pezzi di coesione democratica lungo la strada.