Introduzione
La giornata apre con tre grandi temi: i negoziati su Kiev, il voto regionale con l’affluenza in caduta e la festa azzurra in Coppa Davis. Su Ucraina e pace, La Repubblica, il Corriere della Sera e La Stampa convergono sul protagonismo europeo a Ginevra ma divergono su realismo e margini dell’intesa; Il Messaggero e Il Secolo XIX enfatizzano il “cauto ottimismo” americano. In controluce, Il Fatto Quotidiano fa da contrappeso criticando l’impianto del piano Trump, mentre Domani registra il paradosso: Trump attacca, Rubio rassicura.
Sulle Regionali, il Corriere della Sera e La Repubblica titolano sul crollo dei votanti, Il Gazzettino dettaglia il calo in Veneto e Il Foglio suggerisce la lettura nazionale del test per le coalizioni. Nel frattempo, il Paese celebra la terza Coppa Davis di fila: La Stampa la eleva a “Storia”, il Corriere parla di “superpotenza del tennis”, Leggo e Il Gazzettino insistono sul primato “senza Sinner”, La Verità rivendica un “capolavoro” operaio. Tra le tensioni interne, la “famiglia del bosco” spacca i giornali (La Verità e Secolo d’Italia da un lato, La Repubblica e Il Messaggero dall’altro), mentre sul fronte tecnologico La Discussione richiama ai rischi dell’IA e Il Messaggero segnala lo stop ai software russi nella PA.
Ucraina, piani e contropiani: l’Europa tra prudenza e forzature
La Repubblica apre con “Kiev, il piano europeo”, raccontando la controproposta Ue in 24 punti e un tavolo di Ginevra orientato a “chiudere entro giovedì”, con i russi pronti al no. Il Corriere della Sera mette in primo piano “il piano dell’Europa” ma con editoriali scettici sul “piano Putin-Trump”, mentre La Stampa sintetizza la “spinta per la pace” con l’ammonimento: “è tutto nelle mani del volubile Trump”. Il Messaggero parla di “cambio del piano Usa” con più garanzie e più soldati per Kiev, in linea con Il Gazzettino e Il Mattino che registrano la virata americana e il ruolo di mediazione di Meloni; Il Secolo XIX accentua l’elemento-chiave: “sì alle garanzie per Kiev”.
Il controcanto arriva da Il Fatto Quotidiano (“L’Ue boicotta il piano Trump”) che vede un’Europa bellicista e una proposta “fatta apposta per essere respinta” da Mosca; Domani coglie l’ambivalenza di Washington: Rubio “ottimista”, Trump che accusa Kiev di ingratitudine. Il Foglio mette in guardia contro una “modalità Chamberlain”, eccependo che una pace impostata sulla capitolazione espone l’Europa. Secolo d’Italia sostiene la linea Meloni: lavorare sulla bozza Trump ma “vedere il bluff” russo. In sintesi, la mappa dei titoli racconta un asse mainstream (Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero) che prova a tenere insieme garanzie e realpolitik, un fronte critico (Fatto, Foglio) su motivazioni e rischi, e un’area politico-identitaria (Secolo d’Italia) che valorizza la postura del governo italiano.
Regionali: partecipazione in picchiata e letture opposte
Il Corriere della Sera apre secco: “Le regioni al voto, crolla l’affluenza”, con percentuali provvisorie molto basse in Veneto, Campania e Puglia. La Repubblica parla di “affluenza ancora in calo” con dettagli sui distacchi rispetto al 2020, mentre Il Gazzettino titola “Veneto al voto, affluenza giù” e offre il quadro minuto per minuto. L’Edicola e Il Mattino forniscono sfumature locali: in Campania “la partecipazione tiene” rispetto alle precedenti tornate pur nel trend discendente nazionale.
Sul perché del calo, Il Foglio propone la lente politica: test per i rapporti di forza dentro le coalizioni più che per gli esiti finali, con l’attenzione al confronto Lega-Fratelli d’Italia in Veneto e al centrosinistra in Campania. Domani aggiunge un tassello interpretativo: “affluenza ai minimi” e un Zaia che già “pensa al dopo Salvini”, segnalando gli effetti di medio periodo sugli equilibri del centrodestra. Il tono varia: i quotidiani nazionali generalisti enfatizzano il dato civico della disaffezione, quelli territoriali riducono l’allarme e riportano il discorso su candidati e governance locale. L’impressione comune è che la mobilitazione non scatti: “urne aperte fino alle 15” è informazione, non motivazione.
Tennis, trionfo italiano: epica senza divi
Sui titoli sportivi c’è un insolitamente armonico coro. La Stampa incorona: “La Storia siamo noi”, rivendicando il valore storico del terzo titolo consecutivo. Il Corriere della Sera parla di “Italia superpotenza del tennis”, mentre Leggo la mette “nella leggenda” e Il Gazzettino sottolinea il “tris italiano” con Berrettini e Cobolli. La Repubblica ricorda la Coppa “di nuovo” azzurra, “super anche senza Sinner”, e La Verità si sofferma sul “capolavoro” che smentisce le critiche al forfait del numero uno.
La cornice è quella di una vittoria operaia: Domani definisce i tennisti “operai”, Il Secolo XIX elenca i protagonisti meno attesi, e molti giornali insistono sull’elemento identitario di una squadra che vince senza stelle, o meglio “senza Sinner”. La scelta dei quotidiani è narrativa prima che tecnica: enfatizzare il carattere corale (Volandri, Berrettini, Cobolli, Sonego, Vavassori, Bolelli) come metafora di resilienza nazionale. Il racconto funziona perché costruisce un’epica accessibile: la coppa spaccata in festa su La Repubblica è la foto-simbolo di un trionfo che appartiene “a tutti”, oltre il ranking.
Ordine pubblico, famiglia e diritti: due Italie in prima pagina
Il caso della “famiglia del bosco” fa emergere una frattura mediatica netta. La Repubblica racconta le minacce alla giudice che ha disposto il trasferimento dei minori e restituisce la domanda dei genitori: “Quando torniamo a casa?”. Il Messaggero insiste sul clima d’odio verso la magistrata e allarga il quadro alla violenza di genere, tra campagne di denuncia e misure previdenziali (“Opzione Donna”). Sul fronte opposto, La Verità trasforma la vicenda in “caso politico-culturale” con titoli allarmati (“Se non siete ‘intelligenti’ vi possono togliere i figli”) e Secolo d’Italia ne fa l’elogio di una rivolta “contro l’omologazione”.
In parallelo, torna il tema dell’ordine pubblico: il Corriere della Sera ospita l’intervista al ministro Piantedosi (“Piazze violente: non cederemo”), mentre La Verità rovescia l’accusa su Bologna (“Paghi chi sfascia”) dopo gli scontri. Il Secolo XIX riporta la guerriglia tra antifascisti e CasaPound a Genova, confermando che la conflittualità di piazza resta un nervo scoperto. I quotidiani progressisti puntano su tutela dei diritti e limiti dell’arbitrio; quelli conservatori su responsabilità, famiglia e sicurezza. Le omissioni sono speculari: a sinistra poco spazio alle paure di controllo statale, a destra poca attenzione agli abusi e alla protezione delle vittime.
Conclusione
Le prime pagine di oggi raccontano un Paese sospeso tra pragmatismo e identità. Sull’Ucraina prevale la ricerca di una “cornice” condivisa, ma l’interpretazione degli incentivi — capitolazione o deterrenza — divide le testate secondo linee ideologiche consolidate. Sul voto regionale, l’apatia civica è il vero dato politico, che i giornali più nazionali leggono come sfiducia nella mediazione, mentre i locali provano a normalizzare. Lo sport fornisce la contro-narrazione: un’Italia che vince “di squadra” e offre un modello di fiducia concreta. Sul versante sociale, torna la dicotomia tra libertà personali e protezione collettiva. Il filo rosso è la domanda di affidabilità: nelle trattative internazionali, nelle istituzioni interne, persino nello sport. La stampa la registra, ognuno con il proprio accento, ma il sentimento comune è che l’Italia chieda soluzioni che la facciano sentire meno esposta e più protagonista.