Introduzione

Le prime pagine italiane si dividono oggi tra politica istituzionale, guerra in Europa, riforme di civiltà e conti pubblici. La crisi tra il Quirinale e Palazzo Chigi, innescata dal “caso Garofani”, domina il racconto: La Repubblica titola sulla tregua (“Meloni va da Mattarella… è tregua”), il Corriere della Sera parla di “disgelo”, mentre La Stampa registra il ritorno alla calma ma prevede possibili strappi futuri. Dall’altro lato, La Verità rivendica lo scoop e spinge sulle responsabilità del consigliere del Colle, e Il Giornale sottolinea che “il consigliere ammette, ma non lascia”.

Sul fronte internazionale il tema è unico: l’Ucraina, sotto i missili russi e al centro di un presunto piano di pace Usa-Russia legato a Donald Trump. Avvenire insiste sulla “pioggia di missili” e sul giallo del piano, Il Manifesto riferisce del “no” di Zelensky a cessioni territoriali, La Stampa parla di “pace che umilia Kiev”, mentre Il Fatto Quotidiano lega i negoziati a sospetti di corruzione e all’“assedio” su Zelensky. In parallelo, si impone il voto unanime della Camera sulla norma “senza consenso è violenza sessuale”: La Discussione, Avvenire e Leggo la elevano a fatto del giorno; Secolo d’Italia e Il Giornale ne valorizzano la firma bipartisan. Sul versante economico, Il Messaggero e Il Mattino rilanciano il taglio del canone Rai e l’idea che ridurre il debito “sostenga la crescita”; Il Fatto spinge l’allarme “condoni”, mentre Il Manifesto apre il dossier ex Ilva con la parola d’ordine dei sindacati: “spegnere tutto”.

Garofani, Quirinale e la tregua armata

Il Corriere della Sera firma la cornice più istituzionale: “Mattarella-Meloni, è disgelo”, con il caso Garofani archiviato in serata dall’uscita di Fratelli d’Italia (“caso chiuso”). La Repubblica insiste sullo stesso frame, ma segnala tensioni per la nota di Palazzo Chigi che bolla le parole del consigliere come “inopportune”. La Stampa registra la pacificazione e, con Marcello Sorgi, mette in guardia: perché questa crisi “destinata a riaprirsi”? Sul fronte opposto, La Verità erge lo scoop a prova di un “piano anti-Meloni” e incalza il consigliere del Colle; Il Giornale nota che Garofani “ammette, ma non lascia”.

Nel mezzo, testate con sensibilità diverse fissano la bussola. Il Riformista titola “Venti di pace” e legge la visita della premier come suggello d’intesa con il Quirinale; L’Unità parla di “pace al veleno”, segnalando che Meloni ricuce ma rilancia comunque le critiche; Il Dubbio scrive “Ombre russe sul Colle”, difendendo il ruolo di Mattarella come “faro di libertà”. Il Foglio ironizza sul galateo dei “salotti satolli di vino”, trasformando la vicenda in un caso di etichetta istituzionale. Qui si vede il taglio: i giornali mainstream mitigano lo scontro, la destra d’opposizione interna al “sistema” denuncia i presunti apparati, la sinistra di governo/critica teme una strategia di pressione sul Colle. Un’unica, brevissima citazione riassume il mood: “caso chiuso”.

Ucraina tra missili e diplomazia parallela

Le pagine esteri convergono su due fotogrammi: l’offensiva russa verso l’ovest ucraino e la bozza di pace attribuita al frontman di Trump, Steve Witkoff. Avvenire titola sulla “pioggia di missili” e nota che l’Ue valuta una “Schengen militare”; Il Manifesto sottolinea i 25 morti a Ternopil e il rifiuto di Kiev del baratto territoriale; La Stampa parla di una “pace che umilia Kiev” e affianca un’analisi su un’Europa “spalle al muro”. Il Giornale rimarca il “no di Zelensky”, Il Foglio liquida il piano come costruito “a quattro mani” ma “pessimo”, La Notizia denuncia un’Unione che “scommette sulla guerra”, mentre La Discussione e L’Edicola danno il dettaglio dei raid e dell’allerta Nato.

Dentro casa, la discussione si sposta sulla postura italiana. La Ragione cita il “non paper” di Guido Crosetto sulla guerra ibrida e invita a “ibridarsi” per difendersi; il Corriere della Sera affianca ai mercati nervosi la variabile geopolitica; Il Fatto Quotidiano inchioda il ministro: “Crosetto double face”, continuare ad armare Kiev pur riconoscendo che si “guadagna tempo”. Il Messaggero sintetizza la pista negoziale (“garanzie per Kiev in cambio di Donbass e Crimea a Mosca” come ipotesi Usa), Domani registra che il piano “spaventa” l’Ucraina. Diversi lessici, una frattura di fondo: realismo negoziale o resa mascherata? La micro-citazione del giorno: “Ceda i territori?”, tra interrogativo e rifiuto.

“Senza consenso è violenza”: un raro accordo

In Parlamento, l’inedita intesa Meloni-Schlein passa sulle prime. La Discussione apre con lo storico voto unanime sulla riscrittura dell’articolo 609-bis: “senza consenso libero e attuale” è violenza sessuale. Avvenire enfatizza il valore simbolico del sì trasversale e lo lega alla Giornata per i diritti dell’infanzia; Leggo porta il messaggio alle famiglie (“Niente smartphone fino a 13 anni”) e incornicia la giornata pubblica sui minori. Secolo d’Italia rivendica la cornice di governo, Il Giornale spiega “come funzionerà” il nuovo impianto; L’Identità, da destra, colloca la riforma nella battaglia più ampia contro la violenza e a favore degli orfani.

Il tono, qui, è sorprendentemente convergente: dai quotidiani generalisti ai cattolici, passando per i filogovernativi, la misura appare come un avanzamento di civiltà. Si differenziano, semmai, la spinta valoriale di Avvenire, l’enfasi istituzionale di Secolo d’Italia e la lettura di servizio de Il Giornale. L’assenza più evidente è quella di un dibattito critico sui nodi applicativi (prova del consenso, formazione degli operatori, campagne educative), che verosimilmente si sposterà nelle pagine interne. La frase-simbolo non può che essere: “Senza consenso è violenza”.

Manovra, canone e industria: narrazioni divise

Sui conti pubblici e sulla politica industriale si incastrano tre narrazioni. Il Messaggero e Il Mattino accreditano la linea della prudenza con l’editoriale “Ridurre il debito sostiene la crescita” e rilanciano il taglio del canone Rai (da 90 a 70 euro) come mossa-profilo per i consumatori. Il Gazzettino allarga lo sguardo del Nordest: “La solitudine delle imprese” (Confindustria Veneto Est) e, in controluce, il termometro elettorale locale. Il Fatto Quotidiano spara contro un pacchetto di “sei condoni” a ridosso del voto, mentre Il Giornale esalta l’accordo “giustizialista” anti-ambiguità sul pacifismo e difende la postura sull’Ucraina.

Sul lavoro e sull’industria pesante, Il Manifesto alza il volume: “ex Ilva, ecco il piano: spegnere tutto”, con scioperi e occupazioni a Genova, e segnala Taranto in mobilitazione; Avvenire registra “mobilitazione contro la dismissione”. A far da sfondo, i “timori (e cautele) dei mercati” del Corriere della Sera, tra bolla AI e ansie da riallocazione degli investimenti. In controluce, il lettore riceve messaggi opposti: chi rassicura (tenuta dei conti, microtagli simbolici), chi denuncia (condoni, tagli alla carne viva industriale), chi ascolta i territori (imprese lasciate sole). Una citazione sintetica: “Ridurre il debito sostiene la crescita”.

Conclusione

La fotografia di giornata restituisce un Paese che cerca la stabilità delle forme (il rammendo tra Quirinale e governo), ma convive con faglie profonde: la guerra alle porte, una strategia europea ancora incerta, un’industria ferita e una politica economica che alterna prudenza e strappi. Colpisce il lampo di consenso sul “consenso”, segno che su alcuni diritti è possibile una lingua comune. Ma sulla geopolitica e sull’economia la stampa resta un caleidoscopio coerente con le proprie identità: prudente e istituzionale (Corriere della Sera, Il Messaggero), polemica e d’inchiesta (Il Fatto Quotidiano), militante sociale (Il Manifesto), cattolica e comunitaria (Avvenire), filo-governativa e identitaria (Il Giornale, Secolo d’Italia), anti-apparati (La Verità). Domani, più che oggi, si vedrà se la “tregua” reggerà oltre il titolo di prima.