Introduzione

Le prime pagine italiane si dividono tra tre grandi temi: il commiato alle gemelle Kessler e il dibattito implicito sul fine vita; l’asse Italia‑Ucraina con il Consiglio supremo di difesa e l’accordo di Kiev con Parigi per i Rafale; le nuove previsioni Ue su crescita e deficit, con la doppia lettura tra ottimismo e allarme. Il Corriere della Sera, la Repubblica e Il Messaggero aprono sul caso Kessler, declinandolo come fenomeno di costume e questione etica; La Stampa, Avvenire e Domani guidano il filone economico e infrastrutturale, tra Pil al rallentatore e il nuovo stop della Corte dei conti al Ponte sullo Stretto; Il Foglio, Il Fatto Quotidiano e La Verità polarizzano l’agenda internazionale, tra pressing a favore degli aiuti a Kiev e attacchi sull’ombra della corruzione.

Il clima generale restituisce un Paese sospeso: emotivo e riflessivo sulle icone pop, prudente e diviso sull’impegno bellico, spaccato nella lettura dei conti pubblici. La campagna per le regionali fa capolino nelle scelte di taglio (Il Manifesto e Il Fatto evidenziano l’“autonomia” e i blitz leghisti), mentre i quotidiani di area governativa o liberal-conservatrice, come Il Giornale e Secolo d’Italia, sottolineano i segnali positivi sul deficit.

Kiev tra sostegno e scetticismi

La Repubblica titola sul documento del Consiglio supremo di difesa (“sostegno e armi all’Ucraina”) e collega il via libera alla cornice Nato e Ue. Il Foglio spinge oltre, avvertendo che l’Italia rischia di diventare la “pecora nera” tra i grandi europei per la lentezza nel supporto, e invita a “colpire i boicottatori”. Di segno opposto Il Fatto Quotidiano, che apre su “Kiev, tangenti sulle armi” e sulle richieste di fondi Ue (“subito 135 miliardi”), proponendo una cornice critica sulla tenuta politica di Zelensky; La Verità parla di “affaire” con Parigi, leggendo l’intesa sui Rafale come shopping a spese degli europei.

Il tono discende dalle identità editoriali: l’approccio istituzionale e atlantista della Repubblica accentua la coesione con Quirinale e governo; Il Foglio, liberale‑interventista, usa la formula “pecora nera” per sollecitare velocità e impegni; Il Fatto rimarca scandali e costi, coerente con la sua linea anti‑establishment e scettica verso la guerra; La Verità enfatizza la narrativa del denaro “girato” a Macron. In mezzo, Avvenire sottolinea l’“asse” Mattarella‑Meloni per assicurare gli aiuti e richiama gli strumenti Nato, mentre Il Riformista concentra l’attenzione sui numeri militari e sull’accordo con Macron. Manca però, in quasi tutti, una riflessione di merito sul programma Purl Nato citato dalla Repubblica e sulla capacità industriale europea evocata da Il Foglio.

Pil, deficit e lentezze italiane

La Stampa fa da capofila del fronte realistico: “L’Europa cresce, l’Italia rallenta”, con il Pil tagliato allo 0,4% e la prospettiva di ultimi nel 2027. Il Corriere della Sera ribadisce il dato (“Pil di Roma allo 0,4%”), mentre Avvenire parla di “illusione della manovella”, invitando a guardare oltre i decimali e alle cause strutturali della stagnazione. Dal lato opposto, Il Messaggero e Il Giornale evidenziano la possibile uscita dalla procedura di disavanzo (“verso l’uscita a primavera”, “presto fuori dall’infrazione”), una lettura valorizzata anche dal Secolo d’Italia che titola “Promossi da Bruxelles”.

Questa doppia fotografia - crescita bassa ma deficit in miglioramento - favorisce titolazioni selettive. I quotidiani più economico‑istituzionali puntano al raffreddamento dell’euforia (La Stampa, Avvenire), mentre le testate più vicine alla maggioranza esaltano la “pagella” sul deficit (Il Messaggero, Secolo d’Italia). Nella fascia critica, La Notizia lega la crescita “a picco” al peso dell’economia sommersa (10% del Pil), un’angolatura che trova un riscontro tecnico in La Discussione, dove il governatore Panetta correla più pagamenti digitali a maggior gettito Iva. Sorprende l’assenza, in molte prime pagine, di un nesso esplicito tra Pnrr, ritardi amministrativi e stime Ue: Avvenire lo suggerisce, ma l’analisi comparata resta spesso implicita.

Ponte sullo Stretto e la campagna dell’autonomia

Il dossier Ponte domina le cronache infrastrutturali: Corriere della Sera e Il Giornale parlano di “nuovo stop” dalla Corte dei conti, Repubblica e Domani sottolineano una seconda bocciatura e i rischi politici per Salvini. Il Manifesto accosta la “ribocciatura” al maltempo e alla fragilità del territorio; Il Secolo XIX registra l’ennesimo “ancora uno stop”, mentre La Notizia carica il colpo (“un’altra bocciatura”) e chiede di fermare l’opera. Sullo sfondo, l’offensiva sull’autonomia: Il Gazzettino e Il Secolo XIX segnalano le pre‑intese di Calderoli con Veneto e Liguria; Il Fatto le definisce “spot leghista per il voto”, Il Manifesto parla di “blitz elettorale”.

La lettura è nettamente politica: le testate progressiste (Domani, Il Manifesto, Repubblica) vedono nell’accelerazione su Ponte e autonomia un marcatore identitario e un calcolo elettorale; i quotidiani più vicini al governo (Il Giornale) parlano di “chiariremo” e tengono la porta aperta. Resta sottotraccia un tema tecnico: i rilievi della magistratura contabile sulle convenzioni e i profili di copertura finanziaria sono ricordati, ma raramente spiegati; si parla poco di priorità alternative (messa in sicurezza, ferrovia) e dell’impatto macro su tempi e costi, un vuoto informativo che favorisce la polarizzazione.

Kessler, tra costume e fine vita

Il Corriere della Sera dedica un ampio racconto alle Kessler, dall’icona pop alla scelta di morire assieme, con lenti di costume e memoria televisiva. La Repubblica e Il Messaggero enfatizzano l’unicità del legame e la modernità dell’“uscita di scena”, mentre Il Giornale affianca un richiamo etico con il parere di un sacerdote‑tanatologo. La Stampa trasforma la storia in un dossier sul fine vita, tra “palude” normativa e testimonianze; Il Mattino e Il Gazzettino riprendono il filo dell’immaginario collettivo, Leggo consolida l’onda emotiva.

La differenza di tono è evidente: i grandi generalisti (Corriere, Repubblica) fondono empatia e storia del costume; i quotidiani più attenti al profilo valoriale (Avvenire, Il Giornale) sollecitano cautela e discernimento; le testate locali o popolari (Il Mattino, Leggo) valorizzano la memoria condivisa. Quasi tutti evitano lo schieramento esplicito sul fine vita, usando la cronaca come specchio di un dibattito nazionale mai chiuso. Un titolo ricorrente (“insieme fino alla fine”) diventa, più che slogan, un codice culturale che l’informazione maneggia con tatto.

Conclusione

Dalle prime pagine emerge un’Italia a doppia velocità: rapida nell’emozione, lenta nel mettere a fuoco le priorità di spesa e di sicurezza. Sul fronte estero, la faglia corre tra realismo atlantico (Repubblica, Il Foglio, Avvenire) e scetticismo politico‑contabile (Il Fatto, La Verità); sull’economia, la stessa cifra si replica tra conti “promossi” (Il Messaggero, Secolo d’Italia) e crescita asfittica (la stampa, Avvenire). Il Ponte e l’autonomia mostrano come la campagna elettorale filtri i cantieri; le Kessler ricordano che il Paese resta unito solo nelle sue memorie. Oggi la stampa racconta soprattutto questo paradosso: il bisogno di coesione, e la difficoltà a costruirla.