Introduzione
Le prime pagine italiane si dividono oggi tra quattro grandi filoni: i nuovi accordi Italia-Albania e il dibattito sui centri per migranti; la manovra con l’emendamento sull’oro e i paletti Imu; la campagna referendaria sulla giustizia con il caso delle citazioni su Falcone e Borsellino; gli esteri, dove la guerra in Ucraina si intreccia con scandali di corruzione e, sul fronte mediorientale e Usa, con i dossier Cisgiordania ed Epstein. Il Corriere della Sera concentra l’apertura politica sull’intesa con Tirana e sugli emendamenti di bilancio, mentre la Repubblica rimarca la “tassa sull’oro” e i timori della Bce sulla crescita. Il Messaggero e Il Gazzettino danno risalto ai nuovi criteri Imu dettati dal Mef, e testate come La Discussione e Secolo d’Italia incorniciano il vertice con Edi Rama come passaggio strategico.
Sul clima nazionale pesano anche le notizie di cronaca nera - il tragico omicidio di un bimbo a Muggia rilanciato da Il Messaggero, Il Gazzettino e La Stampa - che fanno da controcanto a un’agenda economica presentata come “responsabile” da Il Riformista e L’Identità, ma che la Repubblica descrive come tentativo di “fare cassa” con misure una tantum. Sulla giustizia, il fronte resta polarizzato: Il Dubbio racconta un’Anm divisa, Il Riformista chiede di “parlare del merito”, mentre L’Unità attacca la “svolta repressiva” del governo. All’estero, titoli discordanti su Kiev: La Stampa parla di “guerra e tangenti”, La Verità accusa gli “amici di Zelensky”, e La Notizia vede “un buco nero” negli aiuti Ue.
Albania e migranti: tra “giornata storica” e “flop”
Il Corriere della Sera titola su “intesa e polemiche” dopo il vertice Meloni-Rama, con 16 accordi su energia, difesa e cantieristica, e il reiterato impegno sui centri per migranti in Albania. La Discussione presenta l’incontro a Villa Pamphilj come svolta nella cooperazione, sottolineando la cornice intergovernativa inedita. Secolo d’Italia, sul registro editoriale, parla di legami consolidati e rilancia la determinazione di andare avanti nonostante chi “vuole affossare” il patto. Sul versante critico, Domani definisce i Cpr albanesi un “flop”, attribuito da Meloni a “Ue e pm”, mentre La Notizia bolla i costi come “centinaia di milioni buttati”. Libero, più pragmatico, sintetizza la linea dell’esecutivo: tirare dritto perché i centri “funzioneranno”.
Gli accenti rivelano identità e audience. Il Corriere della Sera mantiene un tono istituzionale, attento alle “polemiche” e alla pluralità degli accordi; La Discussione, di matrice centrista, celebra la cooperazione come “giornata storica”; Secolo d’Italia, quotidiano vicino alla destra di governo, valorizza l’idea di “paradigma” migratorio; Domani e la Repubblica mettono in luce ritardi, costi e responsabilità. L’asimmetria sta nelle omissioni: poco spazio, salvo eccezioni, a dati comparativi su tempi, capienze e costi-benefici rispetto a soluzioni alternative. La parola chiave che divide le prime pagine è “funzioneranno”: promessa per alcuni, prova mancata per altri.
Manovra, oro e immobili: creatività fiscale vs. crescita
Sulla manovra, l’asse delle notizie è la tassazione agevolata sulle plusvalenze da oro da investimento per favorire l’emersione: Il Secolo XIX dettaglia l’aliquota al 12,5% e un potenziale gettito fino a 2 miliardi, con l’ipotesi di dazio sui pacchi extra-Ue. Il Corriere della Sera conferma l’emendamento e la scelta di “fare cassa” riducendo l’aliquota dal 26% al 12,5%, mentre la Repubblica affianca al dossier oro il nodo degli affitti brevi e l’allarme Bce su Italia e Germania ferme ai box, segnalando anche il via libera Ecofin all’anticipo dei dazi sui piccoli pacchi. Libero incornicia la misura come taglio “pro-emersione” (“Occhio all’oro”), mentre Il Messaggero e Il Gazzettino puntano sulle “aliquote Imu” e sui “paletti del Mef” che limitano l’autonomia dei sindaci, con riduzioni per immobili inagibili.
Il Riformista, con l’economista-politico Dario Damiani, difende una legge di bilancio “prudente” e centrata sul ceto medio; L’Identità rilancia la “manovra della responsabilità” che punta a uscire in anticipo dalla procedura Ue sul debito; il Corriere pubblica l’editoriale di Angelo Panebianco su come “si può tornare a crescere”, chiamando in causa i ceti medi e l’assenza di un’agenda pro-produttività. Il quadro è un classico trade-off: misure una tantum (oro, dazi sui pacchi) e micro-correzioni (Imu) tappano i buchi, ma la strategia per salari, investimenti e mercato dei capitali - tema su cui insistono anche Il Messaggero e Il Gazzettino con gli interventi di Giuseppe Vegas - resta più sullo sfondo. Qui la critica di Repubblica colpisce nel segno: senza crescita, la leva fiscale rischia di essere solo “creatività” di breve periodo.
Giustizia: il referendum e la guerra dei simboli
La contesa referendaria riempie i giornali con un doppio registro, tecnico e identitario. Il Riformista invita a smettere con i “santini” e a “parlare del merito”, rivendicando la separazione delle carriere come coerente col sistema accusatorio. Il Dubbio racconta una magistratura associata (Anm) divisa e sempre più isolata, mentre la politica d’opposizione - specie il Pd - si defila. Il Gazzettino ammonisce: “Lasciate stare Falcone e Borsellino”. Sul fronte opposto, L’Unità attacca il “garantismo della destra” presentandolo come una stretta punitiva diffusa, dalle carceri ai decreti sicurezza. Libero ribalta l’accusa parlando di “bufale” e sottolineando lo scivolone del pm Nicola Gratteri sulle frasi attribuite a Falcone; L’Opinione registra il suo passo indietro, mentre Il Secolo XIX rilancia il suo allarme sulla “sottomissione dei pm”. Il Fatto Quotidiano alza l’asticella: dopo il referendum, Forza Italia punterebbe sulla responsabilità civile dei magistrati.
Le tonalità riflettono appartenenze. I quotidiani riformisti e liberali - Il Riformista, La Ragione - collocano il dibattito nella storia della giustizia italiana (citando perfino Vassalli), e invitano a disinnescare l’uso strumentale dei martiri; i giornali d’area governativa - Libero, Secolo d’Italia - attaccano le “fake” e difendono l’impianto Nordio; le testate critiche come L’Unità e Il Fatto avvertono di un rischio illiberale. L’unico consenso trasversale è sul limite all’uso evocativo dei simboli: “Lasciate stare” è l’unica frase che oggi sembra mettere d’accordo mondi lontanissimi.
Esteri: Ucraina tra accerchiamenti e scandali, Cisgiordania e il caso Epstein
Sul fronte ucraino, Il Messaggero parla di truppe di Kiev accerchiate e di Donetsk “verso la resa”, con Zelensky che autorizza il ritiro; Il Mattino rilancia analisi analoghe e registra l’imbarazzo per l’inchiesta corruzione che “sfiora” il governo. La Stampa definisce “guerra e tangenti” la combinazione che mette “Zelensky all’angolo”, mentre La Verità estremizza la denuncia sulle élite vicine al presidente. La Notizia parla di “buco nero” negli aiuti Ue, contrapposta a La Discussione che segnala altri 6 miliardi europei in arrivo come sostegno politico e finanziario. In Cisgiordania, Il Riformista titola sulla “nuova miccia” e l’Unità denuncia l’incendio di una moschea da parte dei coloni, registrando un’escalation simbolica e territoriale che allarma anche le colombe europee.
Negli Stati Uniti, il filone Epstein fa capolino su più testate: il Corriere della Sera pubblica l’inchiesta sulle mail che lambiscono Donald Trump; La Stampa sottolinea che perfino parte del mondo Maga “dubita” del tycoon; Domani accentua la frase-chiave di Epstein (“Posso abbattere Trump”), mentre Il Foglio invita alla prudenza: tante mail, poche “pistole fumanti”. Qui la differenza non è tanto di linea politica, quanto di standard giornalistici: i grandi quotidiani generalisti offrono cronaca e cautela; i titoli d’opinione cercano la frase “virale”. In controluce, si avverte una fatica collettiva: “nuova miccia” è la formula che accomuna troppi fronti - Ucraina, Cisgiordania, Washington - e che alimenta la sensazione di un mondo più instabile.
Conclusione
Il mosaico odierno restituisce un Paese sospeso tra realismo e propaganda. Mentre la manovra prova a stringere bulloni con misure creative e l’asse con Tirana viene presentato - a giorni alterni - come svolta o boomerang, la giustizia continua a essere il vero spartiacque identitario. Le prime pagine, dalla Repubblica a Il Riformista, da Il Messaggero a La Stampa, raccontano una stessa incertezza: davanti a guerre lunghe, crescita fiacca e istituzioni in conflitto, l’Italia cerca risposte immediate. Ma senza una discussione meno simbolica e più verificabile - sui costi dei Cpr, sull’impatto dei tributi, sui limiti del penale - anche il miglior titolo rischia di restare solo una promessa.