Introduzione

Le prime pagine italiane oggi ruotano attorno a tre assi: il caso Almasri e la figuraccia internazionale dell’Italia, l’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York e il dibattito interno su giustizia e sicurezza. Su Almasri, il generale libico arrestato a Tripoli dopo il rilascio in Italia di gennaio, aprono in chiave critica la Repubblica, il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano e Domani; più prudente Avvenire, mentre Il Foglio ospita la versione del Viminale. L’onda newyorkese mobilita invece registri opposti: entusiasmo su l’Unità, il manifesto e la Repubblica; allarmi e sarcasmo su La Verità, il Secolo d’Italia e Il Giornale.

Sul fronte domestico, si accendono due piste: la contesa sul referendum giustizia, raccontata e interpretata dal Corriere della Sera (con Sabino Cassese), dal Secolo d’Italia e da Il Dubbio, e la narrazione securitaria alimentata dal caso di Rovigo rilanciato da Il Gazzettino e da Leggo. Sullo sfondo economico, Il Messaggero e La Discussione celebrano il compromesso Ue sul clima e la flessibilità per i biocarburanti, mentre La Verità parla di “gattopardo green”. La fotografia complessiva è di un Paese polarizzato che legge l’estero per regolare conti interni.

Almasri e lo scontro politico-diplomatico

Il Corriere della Sera e Il Secolo XIX danno la cornice: Tripoli arresta Osama Almasri con accuse di torture e omicidio, riaccendendo la polemica sul rilascio in Italia e il rimpatrio con volo di Stato. La Repubblica affianca al titolo il retroscena: i documenti allegati all’inchiesta smentirebbero la versione di Palazzo Chigi secondo cui “sapevamo del mandato da gennaio”. Domani parla di “figuraccia internazionale”, mentre Il Fatto Quotidiano ironizza che la Libia “dà ripetizioni di diritto” al Guardasigilli, tornando a sottolineare il corto circuito tra politica e giurisdizione.

Il Foglio, con l’intervista al ministro dell’Interno, ribalta il frame: l’arresto a Tripoli confermerebbe che il governo non ha coperto il generale; Avvenire enfatizza la dimensione legale ed etica, riferendo che sono state “acquisite prove dalla Cpi” e riportando il contrattacco dell’opposizione. La Verità riduce il caso a polemica prevedibile e sottolinea che l’esecutivo “sapeva del mandato”, mentre Il Giornale lo relega a taglio medio, preferendo temi economici e di riforma. Il Secolo XIX dà voce alle vittime che annunciano richieste risarcitorie allo Stato italiano, dettaglio quasi assente altrove.

Analiticamente, le testate progressiste (la Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Domani) leggono nell’arresto la prova regina di uno scivolone politico e diplomatico, insistendo su omissioni e versioni ballerine. I quotidiani di centrodestra (La Verità, Il Foglio, in parte Il Giornale) puntano invece a spostare l’attenzione su un assunto di responsabilità “a posteriori”: la Libia procede, dunque la scelta italiana è giustificata. Qui il lessico conta: laddove la Repubblica parla di “vergogna nazionale”, Il Foglio chiede scuse all’opposizione; Avvenire resta tra i pochi a porsi la domanda di sostanza - estradizione all’Aja o processo in Libia - più che di titolazione.

New York, Mamdani e l’Italia allo specchio

La vittoria di Zohran Mamdani polarizza l’informazione italiana oltre misura. L’Unità la eleva a manifesto (“Il socialismo è tornato”), il manifesto apre su “Nuova York” evocando una partecipazione straordinaria e un’agenda sociale, e la Repubblica definisce Mamdani “il sindaco dell’altra America” inserendolo nell’onda blu di Virginia e New Jersey. Domani parla di “Rivoluzione Mamdani” e di “furore di Trump”, mentre il Corriere della Sera insiste sulla “sfida a Trump” e sul profilo generazionale e identitario del nuovo sindaco.

Dall’altro lato, La Verità bolla Mamdani come “immigrato estremista” e “islamocomunista”, il Secolo d’Italia lo definisce “nuovo idolo usa e getta” e Il Giornale ne fa “l’ennesimo papa radical” per la sinistra. Il Riformista inserisce un’angolatura diversa, legando l’agenda del nuovo sindaco al dibattito su antisemitismo e definizione IHRA, mentre La Stampa raffredda gli entusiasmi: Mamdani è insieme speranza per l’anti-Trumpismo e regalo retorico a Trump. In mezzo, Avvenire offre la chiave del “laboratorio politico-sociale”, rilevando tanto la novità identitaria quanto le incognite di governo.

La copertura dice più dell’Italia che di New York. A sinistra (l’Unità, il manifesto, Domani) Mamdani diventa una proiezione salvifica e la prova che “si può vincere con programmi chiari”; al centro-liberal (la Repubblica, in parte il Corriere della Sera) è soprattutto un segnale di riattivazione democratica urbana. A destra (La Verità, Secolo d’Italia, Il Giornale) l’enfasi è sulle promesse irrealizzabili e sul rischio ideologico. Una frase del podio, “Alza il volume”, vale da specchio: ogni giornale lo alza a modo suo, o per celebrare un ritorno alla militanza sociale, o per ammonire contro un populismo d’altro segno.

Giustizia, sicurezza e il lessico della destra

Il Corriere della Sera ospita l’editoriale di Sabino Cassese che prova a depoliticizzare il referendum sulla separazione delle carriere, suggerendo tre domande di merito e rimuovendo la lettura pro/contro il governo. Il Secolo d’Italia, al contrario, inserisce la consultazione in una narrativa di lungo periodo che “mette fine alla guerra dei trent’anni” tra politica e magistratura; Il Dubbio smonta per contro il mito di una magistratura separata, raccontando i cortocircuiti tra giudici e procure e seguendo il ritorno dello “scudo penale” per le forze dell’ordine.

Nel frattempo, la cronaca alimenta il frame securitario. Il Gazzettino apre su Rovigo: un 70enne spara e ferisce un ladro, la procura non lo indaga e Giorgia Meloni rilancia il mantra “La difesa è sempre legittima”. Leggo porta la stessa notizia in prima; Il Giornale evidenzia il tema ordine pubblico in Francia (“Allah Akbar” e auto contro i passanti) e, con La Verità, cavalca i casi di cronaca nera e il verdetto Pifferi per criticare toghe e garantismo. È la doppia pista che torna: i sistemi valoriali si ritagliano i loro esempi, mentre la riflessione istituzionale sul referendum fatica a emergere dalla propaganda.

Qui le identità editoriali si vedono nitide: il Corriere della Sera cerca il terreno tecnico (Cassese), Il Dubbio gioca sul garantismo e mette a nudo gli eccessi del sistema, Il Giornale e La Verità traducono la giustizia in sicurezza ed emozione, mentre Il Gazzettino incrocia cronaca locale e messaggi nazionali. La frase-totem, “La difesa è sempre legittima”, funziona da cornice culturale più che da commento giuridico, e aiuta a capire perché la campagna referendaria parli anche al ventre del Paese.

Economia verde, contratti e città tra carte e inchieste

Sul clima, Il Messaggero titola l’intesa Ue al 2040: -90% di emissioni ma con “maggiore flessibilità” per biofuel e crediti di carbonio, partita in cui l’Italia “vince” alcune clausole; La Discussione parla di un “compromesso buono e realistico” e L’Identità sottolinea che Roma la spunta sui crediti, evidenziando però divisioni europee. La Verità oppone la sua cifra polemica: “gattopardo green” che cambia poco perché nulla cambi davvero. I giornali filtrano la stessa decisione secondo priorità diverse: resilienza industriale per Il Messaggero, equilibrio istituzionale per La Discussione, scetticismo sovranista per La Verità.

Sul fronte interno, Il Giornale e il Secolo d’Italia rivendicano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego (aumenti anche ai docenti), mentre Il Mattino insiste su un “Piano casa” per giovani e redditi medi da inserire in manovra. Altrove, l’economia incrocia le inchieste: la vendita di San Siro a Inter e Milan è “rogitata” per il Corriere della Sera ma accompagnata da indagine per turbativa d’asta, ripresa anche da La Notizia e La Verità. È il racconto di una normalità italiana: un passo avanti regolatorio, un passo di lato giudiziario, e la politica che cerca titoli da spendere nel day after.

In questo quadro, i quotidiani non rinunciano al localismo “identitario”: Il Gazzettino apre sulla guerra di carte tra Regione Veneto e concessionario della Pedemontana; Il Messaggero porta in prima il “giallo” dei due maratoneti vicentini; Il Secolo XIX fa città con l’arrivo di De Rossi al Genoa e, insieme, con l’allarme per i tagli all’Iit. La cronaca vicina completa l’atlante delle priorità: lavori, sicurezza, servizi, cultura.

Conclusione

Le prime pagine di oggi raccontano una torsione speculare: l’estero (Almasri, Mamdani) è usato per parlare dell’Italia, e l’Italia (giustizia, sicurezza, clima) è raccontata con categorie da scontro di identità. La sinistra giornalistica cerca simboli di riscatto e di legalità internazionale; la destra costruisce anticorpi ideologici e rassicurazioni securitarie. Nel mezzo, alcune testate provano ancora ad aggiustare il fuoco sui dossier concreti - ambiente, contratti, case - ma la sensazione è che la stagione chieda titoli forti. La stampa li serve, ciascuno al proprio pubblico: il futuro prossimo dirà se il volume, oggi, è davvero “alzato” o solo distorto.